L’intera vicenda storica del santuario di Montevergine è strettamente legata alla luminosa e carismatica figura di Guglielmo da Vercelli, un monaco eremita vissuto tra l’XI e il XII secolo, misticamente attratto dai pellegrinaggi nei luoghi più pregnanti della cristianità. La sua vita di passi e percorsi giunse sino in Irpinia, dove comprese che la volontà di Dio era quella di farlo “fermare” su un monte, oggi conosciuto come Partenio, ad una altitudine di oltre mille metri: «Su quell’alta montagna, a 1270 metri sul mare, in una piccola conca creata dall’incontro di due opposti declivi di monti, si fa costruire una piccola cella, ed ivi per un anno rimane solo nella più assoluta solitudine, tutto dedito alla più alta contemplazione, a contatto con orsi e con lupi, che però non osano recargli alcun male.» Con il passare del tempo la fama di santità di Guglielmo aumentò sempre più, tanto che sul monte, spontaneamente, iniziarono ad arrivare uomini desiderosi di abbracciare uno stile di vita dedito alla preghiera e alla solitudine: in poco tempo numerose celle, fatte per lo più con fango e malta, ospitarono numerosi monaci. Allo stesso tempo si decise anche la costruzione di una chiesa, consacrata nel 1126, dedicata alla Madonna, ma, contrariamente a quanto è spesso raccontato, non si verificò alcuna apparizione: Guglielmo seguì soltanto la sua profonda devozione nei confronti della Vergine Maria. Ben presto i monaci di Montevergine si riunirono in una congregazione detta Verginiana, riconosciuta ufficialmente l’8 agosto 1879 da papa Leone XIII.
L’intera vicenda storica del santuario di Montevergine è strettamente legata alla luminosa e carismatica figura di Guglielmo da Vercelli, un monaco eremita vissuto tra l’XI e il XII secolo, misticamente attratto dai pellegrinaggi nei luoghi più pregnanti della cristianità. La sua vita di passi e percorsi giunse sino in Irpinia, dove comprese che la volontà di Dio era quella di farlo “fermare” su un monte, oggi conosciuto come Partenio, ad una altitudine di oltre mille metri: «Su quell’alta montagna, a 1270 metri sul mare, in una piccola conca creata dall’incontro di due opposti declivi di monti, si fa costruire una piccola cella, ed ivi per un anno rimane solo nella più assoluta solitudine, tutto dedito alla più alta contemplazione, a contatto con orsi e con lupi, che però non osano recargli alcun male.» Con il passare del tempo la fama di santità di Guglielmo aumentò sempre più, tanto che sul monte, spontaneamente, iniziarono ad arrivare uomini desiderosi di abbracciare uno stile di vita dedito alla preghiera e alla solitudine: in poco tempo numerose celle, fatte per lo più con fango e malta, ospitarono numerosi monaci. Allo stesso tempo si decise anche la costruzione di una chiesa, consacrata nel 1126, dedicata alla Madonna, ma, contrariamente a quanto è spesso raccontato, non si verificò alcuna apparizione: Guglielmo seguì soltanto la sua profonda devozione nei confronti della Vergine Maria. Ben presto i monaci di Montevergine si riunirono in una congregazione detta Verginiana, riconosciuta ufficialmente l’8 agosto 1879 da papa Leone XIII.